Jujutsu


Il metodo Bianchi

Una prima fugace apparizione del jujutsu in Italia si deve a Pizzarola e Moscardelli, marinai della Regia Marina, che nel 1908 ne diedero una dimostrazione al Re; ma fu Gino Bianchi (un marinaio), quaranta anni dopo, a portare il jujutsu in Italia.

Il Maestro Bianchi, già campione militare di Savate, era impegnato durante la Seconda Guerra Mondiale col contingente italiano presso la concessione italiana di Tien Sing (Tianjin) in Cina dove venne a contatto con jujutsu; rimanendone colpito per l’efficacia, decise di diffonderlo una volta tornato in Italia.

L’opera di diffusione iniziò a Genova, nella palestra di via Ogerio Pane, dove il Maestro Bianchi insegnava gratuitamente a cinque o sei allievi nel difficile clima di ristrettezze del secondo dopoguerra; con la fine degli anni quaranta la palestra si trasferì nella sede storica di Salita Famagosta e l’opera di diffusione del jujutsu “stile Bianchi” procedette a pieno ritmo, anche grazie alle varie dimostrazioni pubbliche svolte col gruppo dei Kaze Hito (uomini vento), riuniti nell’OLDJ (Organizzazione Ligure Divulgativa Jiu Jitsu).

Dopo la scomparsa del Maestro nel 1964, il “metodo Bianchi” fu portato avanti dai sui allievi e fu razionalizzato nel 1974 dal M° Angelo Briano (all’epoca cintura nera VI Dan) che, con il supporto dei maestri Devoto, Comotto e Mazzaferro, organizzò le tecniche praticate in 5 gruppi di 20 tecniche. I 5 gruppi presero i nomi delle prime cinque lettere dell’alfabeto (A,B,C,D,E) e vennero chiamati Settori.

Il settore A raggruppa tecniche che studiano lo squilibrio ed il cedimento strutturale dell’avversario provocandone l’atterramento ed un eventuale controllo al suolo.

Il settore B raggruppa tecniche dove è predominante la proiezione dell’avversario mediante sollevamento.

Il settore C raggruppa tecniche che mirano allo studio del dolore provocato mediante iper-estensione e torsione articolare (le cosiddette leve articolari).

Il settore D raggruppa tecniche che mirano alla resa dell’avversario agendo sul suo collo tramite strangolamenti e soffocamenti.

Il settore E raggruppa tecniche che sono la somma ed il sunto dei precedenti gruppi.

Questa serie di tecniche venne inizialmente diffusa in forma di ciclostilati distribuiti dagli autori. L’anno successivo, il M° Rinaldo Orlandi dette maggior visibilità all’opera di razionalizzazione dei Settori pubblicando il libro “Il Ju Jitsu Moderno” con la casa editrice Edizioni Mediterranee.

Negli anni cinquanta l’O.L.D.J., raggiunse in breve tempo 5000 soci tesserati, a molti dei quali si deve il proseguimento dell’opera del Maestro Bianchi dopo la sua scomparsa. In onore del maestro Bianchi, ogni anno si svolge una gara, il trofeo Gino Bianchi, aperta a tutte le palestre italiane

Ju Jitsu, 40 sul tatami per Gino Bianchi


Go-ju Ryu Italia

Il M° Rossato ha studiato gli stili di JuJitsu Yoshin-Ryu e Daito-Ryu, ha studiato anche Shorinji Tetsu Kempo ed era considerata una sorta di JuJitsu Cinese basata anche su tecniche di digito pressione. Il GoJu italia è quindi una fusione di questi stili, i quali uniti alle conoscenze e agli studi del M° Rossato hanno originato una disciplina con un programma tecnico vario e intenso. Il JuJitsu GOJU ITALIA è composto da:


Il fondatore del Gōjū-ryū Chōjun Miyagi (宮城 長順, Miyagi Chōjun, 1888–1953)
  • 36 Kata
  • 150 tecniche di Nage Waza
  • simulazione di lotta
  • tecniche di colpo, di leva articolare
  • tecniche di strangolamento
  • tecniche di proiezione
  • tecniche di immobilizzazione
  • tecniche di digito pressione
  • di respirazione
  • tecniche di caduta
  • tecniche di sbilanciamento
  • tecniche di contraccolpo
  • tecniche di rianimazione.